Luciano Gattuso durante la conferenza stampa su Italia-Israele a Coverciano, marzo 2025
Luciano Gattuso affronta la conferenza stampa più difficile: "Fuori non si respira bene, ma dobbiamo pensare al Mondiale"

Gattuso su Italia-Israele: “Fuori non si respira bene, dispiace per innocenti”

Gattuso su Italia-Israele dice le cose come stanno. Senza girarci intorno, senza le solite frasi da conferenza stampa. “Fuori l’aria non è bella, dispiace vedere innocenti e bambini che muoiono.” Lo ha detto ieri a Coverciano, davanti ai giornalisti. E lo ha detto con una faccia diversa dal solito, quella che hanno le persone quando sanno che certe cose vanno dette ma pesano.

Martedì sera si gioca a Udine. Italia contro Israele, qualificazioni mondiali. Solo che questa volta parlare di moduli e formazioni sembra fuori posto. Perché intanto là fuori succede quello che tutti sappiamo, e fare finta di niente non funziona più.

“Dobbiamo andare al Mondiale”, ha aggiunto dopo. Ma sembrava quasi chiedere scusa mentre lo diceva.

Udine piena di blindati e polizia ovunque

La città in questi giorni non si riconosce. Camionette, transenne dappertutto, agenti che arrivano da Trieste e Pordenone. Lo stadio praticamente isolato, controlli a ogni angolo. Hanno venduto appena quattromila biglietti. Quattromila, in uno stadio che ne tiene venticinquemila. Se guardi i commenti online capisci subito perché così pochi: la gente ha paura, semplice.

Un poliziotto della questura ha detto una cosa che ti rimane in testa. “Noi non abbiamo paura della violenza organizzata, quella la sappiamo gestire. Abbiamo paura della rabbia diffusa, quella non sai dove esplode.” Ecco, è proprio questo il punto. Non puoi prevedere tutto quando l’aria è così elettrica.

Infatti i piani di sicurezza sono esagerati. Varchi multipli, perquisizioni totali, elicottero che gira sopra la zona. Sembra roba da vertice G8, non da partita di calcio. Poi pensi a cosa è successo in giro per l’Europa nelle ultime settimane e capisci che forse esagerare è meglio che sottovalutare.

Gattuso: “O si gioca o perdiamo 3-0 a tavolino”

Quando gli hanno chiesto perché non spostare la partita, il CT è stato chiarissimo. “Perché altrimenti è 3-0 a tavolino e addio Mondiale.” Stop. Nessun discorso eroico sul calcio che unisce i popoli, niente retorica. Solo la verità: o scendiamo in campo o torniamo a casa senza neanche aver giocato.

Però tra le righe si capisce altro. Si capisce che anche lui preferirebbe giocare in un’altra situazione, magari con trentamila persone che cantano invece di quattromila preoccupate. “Ci sarà poca gente, lo sappiamo. Ma noi facciamo il nostro lavoro.” E basta. Il “nostro lavoro” detto così, secco, dice tutto sulla stanchezza di questa vigilia.

Diecimila in strada, cinquemila allo stadio

Mentre la squadra si allena, fuori dai cancelli si organizza la protesta. Dopo quello che è successo a Coverciano con striscioni e tensioni, ora si prepara un corteo proprio a Udine. Parlano di diecimila persone in piazza. Diecimila. Il doppio rispetto a chi starà allo stadio.

Due mondi che si sfiorano ma non si incontrano, separati da reti alte e plotoni in assetto antisommossa. Da una parte chi manifesta contro la guerra, contro Israele, contro la scelta stessa di giocare questa benedetta partita. Dall’altra chi prova a concentrarsi su corner e marcature a uomo.

Ma è possibile davvero isolarsi? Un componente dello staff azzurro, parlando senza registratori accesi, ha detto: “Facciamo finta di pensare solo al campo, ma è impossibile. Anche i ragazzi hanno lo smartphone, vedono le notizie, leggono i commenti.” Esatto. Pure i calciatori sono persone normali alla fine.

Il calcio che conta poco stavolta

Sul piano tecnico nessuno parla più di tanto. I giornali sportivi ci provano, fanno ipotesi sulla formazione, su chi gioca titolare e chi in panchina. Ma suona tutto stonato, come discutere del menù mentre fuori c’è un’emergenza. Gattuso su Italia-Israele è diventato molto più di una semplice partita di qualificazione.

“Cercheremo di fare la nostra partita”, ripete il CT. Ma lo dice senza quella carica che di solito ha, quella voglia di mangiarsi il campo tipica sua. Lo dice come uno che sa benissimo che stavolta i tre punti sono quasi secondari. Conta che non succeda niente di grave, che tutti tornino a casa interi, che la tensione non scoppi da qualche parte.

E forse proprio questo colpisce di più. Vedere Gattuso costretto ad ammettere che certe situazioni sono più grandi del calcio. Molto, molto più grandi. Lui che di solito parla solo di sudore e sacrificio adesso deve fare i conti con geopolitica, sicurezza nazionale, proteste di piazza.

Martedì sera fischio d’inizio comunque

Qualsiasi cosa succeda intorno, martedì alle 20.45 l’arbitro fischia. Gattuso su Italia-Israele diventa cronaca sportiva, risultato secco, punti in classifica. Ma resta anche altro: la memoria di una serata strana, tesa, dove il calcio è passato in secondo piano rispetto a domande ben più serie.

Se davvero il calcio dovrebbe unire le persone, stavolta l’obiettivo minimo è non dividerle ancora di più. Basta che finisca tutto senza incidenti, senza violenze, senza che qualcuno si faccia male. Non è granché come ambizione per una partita della Nazionale. Ma quando tutto intorno traballa, pure il minimo sindacale diventa un traguardo importante.

 

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🇮🇱 🇵🇸”Non c’è un clima sereno… Fa male al cuore vedere certe cose, ma dobbiamo giocare per forza” 🇮🇹Le parole del CT dell’Italia Gattuso sul match di martedì prossimo fra gli Azzurri e israele Che ne pensate?👇 7ottobre Gaza Palestina Nazionale VivoAzzurro

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About Bourbiza Mohamed

Bourbiza Mohamed è un giornalista freelance e scrittore. Laureato in Scienze Politiche a Baghdad, si occupa di politica e attualità internazionale, con oltre 28 anni di esperienza. Parallelamente porta avanti progetti musicali country e blues come fondatore di BM Country Music.

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